Perché la lettura ad alta voce è un dono che va oltre le abilità di lettura
C’è un momento, in ogni famiglia, che viene accolto con una certa fierezza: “Ora legge da solo!”. È un traguardo. Un segno che il bambino ha superato quella prima soglia del mondo scritto. È naturale, allora, che il genitore faccia un passo indietro: “Se sa leggere, che bisogno ha della mia voce?”.
Eppure, è proprio ora che leggere insieme diventa ancora più prezioso.
Perché imparare a leggere non significa saper entrare nelle storie.
E leggere da soli non significa non aver più bisogno di essere accompagnati.
Un nuovo equilibrio: tra autonomia e nutrimento
Quando un bambino comincia a leggere da solo, il suo cervello è occupato a decifrare, a decodificare. Gran parte dell’energia va nel mettere insieme lettere, parole, punteggiatura. L’accesso profondo alla storia, all’ironia, alla complessità emotiva… arriva più tardi.
È come se stesse imparando a camminare in un bosco fitto: vede i rami più vicini, ma non ancora l’intero paesaggio. In questo passaggio, la nostra voce diventa un faro: aiuta a tenere accesa la parte immaginativa e affettiva della lettura.
Cervello in costruzione, cuore in ascolto
Quando leggiamo ad alta voce, il bambino può “lasciarsi andare” nella storia. Non ha lo sforzo della decodifica, e il cervello si concentra sul senso profondo: le immagini mentali, le emozioni, la tensione narrativa, la compassione per i personaggi. Si attivano le stesse aree cerebrali che si attiverebbero se vivesse davvero quelle esperienze.
Questo è ancora più vero tra i 6 e i 10 anni, quando l’intelligenza emotiva e la consapevolezza morale si stanno formando. Leggere ad alta voce non è un gesto infantile: è un atto evolutivo, un’educazione all’empatia e alla complessità.
Il rischio della “lettura funzionale”
Se smettiamo troppo presto di leggere ai nostri figli, rischiamo che la lettura diventi solo uno strumento: qualcosa che si fa per dovere scolastico, per allenamento, per “fare i compiti”. Ma le storie non sono nate per essere addestrate. Sono nate per essere vissute. La voce di un adulto mantiene viva la dimensione affettiva della lettura: quel luogo caldo, condiviso, che parla al cuore prima ancora che alla testa.
La lettura ad alta voce come spazio relazionale
Non sottovalutiamo l’impatto emotivo di un adulto che legge. È un atto di presenza, di ascolto, di lentezza. È un tempo fuori dal tempo. Anche quando il bambino è perfettamente autonomo, ascoltare la voce di un genitore che legge crea un rituale emotivo e sensoriale che resta nella memoria per sempre.
E come diceva Elisa Mazzoli, “la lettura non è una prova d’attore, è una prova d’amore” quindi non serve essere attori. Serve esserci.
La lettura a due voci: una pratica da riscoprire
Una proposta bellissima, nella fase di passaggio, è quella della lettura condivisa:
- Un capitolo letto da noi, uno da loro.
- Alternare paragrafi, battute, personaggi.
- Lasciare che scelgano il libro, ma accompagnarli dentro le pagine.
Questo non solo li aiuta a non perdere il piacere della lettura, ma rafforza l’alleanza narrativa: quella complicità profonda tra adulti e bambini fatta di storie che abitano entrambi.
Conclusione: leggere insieme è sempre un gesto di cura
Continuare a leggere ai nostri figli, anche quando sanno farlo da soli, è un regalo invisibile ma potente. È dire: “Ti accompagno ancora”.
È una forma di amore che non spinge fuori dal nido troppo in fretta.
È un modo per dire: non c’è fretta di diventare grandi, ma sappi che anche i grandi ascoltano ancora gli audiolibri.
Le storie ci porteranno lì, al momento giusto. Insieme.


